DESERTI•TASCABILI
2020
Nel 2020, con il dilagare della pandemia, il percorso di ricerca e progetto portato avanti con DESERTI•TASCABILI rivela che da sempre esistono comunità che hanno dovuto confrontarsi con situazioni estreme e costruire specifiche strategie di resistenza che, oltre a rispondere ad esigenze vitali, esprimono cultura, idee e civiltà.
2009\2020
DESERTI•TASCABILI è un lavoro di ricerca e progetto che ha avuto inizio nel 2009 con una ricognizione sul deserto del Sahara che attraversa Tunisia, Libia, Algeria, Marocco, Mauritania, Mali, Niger, Ciad, Sudan ed Etiopia. La ricognizione su queste aree ha permesso di costruire una nuova visione ecologica restituendo degli strumenti interpretativi e operativi volti a intervenire in maniera sostenibile nelle aree a rischio di desertificazione che stanno sempre più diffondendosi anche alle nostre latitudini.
Il deserto è diventato un serbatoio di soluzioni che permettono di rispondere a condizioni estreme ricavandone bellezza e sostenibilità e ha così preso forma un Atlante dei Territori perduti che, in quelle specifiche ed estreme condizioni ecologiche, diventano dei Paesaggi resistenti o antifragili secondo la definizione di Nassim Nicholas Taleb per cui l’antifragilità va al di là della resilienza e della robustezza. (…) Questa qualità è alla base di tutto ciò che muta nel tempo: l’evoluzione, la cultura, le idee, le rivoluzioni, i sistemi politici, l’innovazione tecnologica, il successo culturale ed economico, (…) lo sviluppo di città, civiltà, sistemi giuridici, foreste equatoriali, la resistenza dei batteri… persino la vita della nostra specie su questo pianeta.
Deserto e mare sono due eterotopie: luoghi di transito in cui non può esservi confine; la ricognizione sul deserto si è così intrecciata con la parallela ricognizione sul Mediterraneo portando in luce radici comuni, contraddizioni e, soprattutto, segni nel paesaggio con l’obiettivo di tracciare rotte future e sviluppare politiche adatte a rispondere alle sfide globali nel rispetto delle identità locali. Maylis de Kerangal scrive che Le isole sono come le idee. Deserte, affascinanti. Secondo le descrizioni del Capitano Al-Ramhormuzi, l’apparizione dei miraggi all’orizzonte accomuna mare e deserto poiché in entrambi si rincorrono gli stessi principi di distacco e protezione; la comune difficoltà a raggiungerli e attraversarli contribuisce a restituire l’immagine di universo chiuso, altrove geografico da idealizzare per racchiudere e proiettare fantasie, fantasmi, sogni o incubi… non a caso l’attraversamento del deserto e del mare Mediterraneo è alla base del viaggio che i migranti compiono dall’Africa all’Europa. Prendendo spunto dalle eterotopie di Michel Foucault, l’isola e il deserto appaiono come luoghi di pausa, rallentamento e sospensione dal tempo e dallo spazio ordinario. I DESERTI•TASCABILI sono dunque spazi temporanei di ritiro – geografici e/o metaforici – nei quali accedere per ricercare una dimensione soggettiva e libera dalla fitta maglia dei dispositivi che organizzano spazi e tempi della quotidianità. E, come sottolinea Peter Sloterdijk la costruzione di isole è l’inversione dell’habitat: non si tratta più di collocare un edificio in un ambiente, ma di installare un ambiente nell’edificio. Gilles Deleuze dice che “il deserto è un corpo senza organi che non è mai stato contrario alle tribù che lo percorrono, il vuoto non è mai stato contrario alle particelle che vi si agitano” e precisa che il deserto è popolato da molteplicità la cui natura è il rizoma. L’organizzazione non gerarchica caratterizza i sistemi rizomatici e rende possibile la sopravvivenza dei singoli nodi che continuano a far parte di un insieme pur essendone potenzialmente indipendenti. Questa condizione ci ha permesso di delineare un nuovo paradigma ecologico con cui intervenire non solo nel deserto ma anche in condizioni meno estreme.
Oltre che dalle dune, dalle ombre tagliate dal sole accecante e dalle oasi, il deserto è caratterizzato da percorsi non mappati e da venti come l’Haboob (هبوب) – la tempesta di sabbia – che cancella la parte visibile di piste che, non essendo tracciate su carta o nastri d’asfalto, seguono logiche che interpretano un’ecologia estrema come segno di libertà. Per attraversare i DESERTI•TASCABILI occorrono uomini liberi, viaggiatori nomadi capaci di sfidare i propri limiti e di fronteggiare condizioni estreme cogliendo gli elementi vitali che si presentano durante la traversata. Non a caso, il segno che contraddistingue i berberi è l’Amaziɣ che al singolare significa uomo libero mentre al plurale imaziɣen indica l’intero popolo berbero. Nel deserto il dato esperienziale è necessario per leggere percorsi, tracce e movimenti e, come sottolinea Giorgio Agamben, l’autorità dell’esperienza è incompatibile con la certezza introdotta dalla scienza moderna. Il deserto insegna quindi a superare limiti sempre nuovi e, nel descrivere l’attrazione verso questi luoghi, Bruce Chatwin, sottolinea che “l’evoluzione ci ha voluto viaggiatori” e aggiunge che, per questo, “chi percorre il deserto scopre in sé stesso una calma primitiva”, una libertà resa possibile dall’assenza del superfluo. L’aridità del deserto non ha a che fare solo con la mancanza d’acqua ma con un processo di metaforica disidratazione che induce a eliminare il superfluo per giungere all’essenza delle cose.
Emanuele Coccia suggerisce che “chiamiamo deserto ciò che si abbandona”; secondo alcuni la parola deserto, in latino desertum, deriva infatti dal verbo deserere che significa abbandonare. Deserere, a sua volta, è composto da de, con valore negativo, e serere (legare) quindi non più legato e quindi, in definitiva, libero. Percorrendo rotte che si snodano tra oasi e isole la ricognizione sui deserti si è estesa geograficamente per mostrare che i DESERTI•TASCABILI sono infiniti e, a volte, straordinariamente più vicini di quanto non s’immagini. Il deserto è soprattutto lo spazio che più di tutti riesce a farci percepire l’idea d’infinito, come nella descrizione del Sahara di Simone de Beauvoir in ogni deserto c’è infatti “uno spettacolo vivo come il mare: (…) dalla sabbia alla roccia, i materiali variavano tanto quanto le sfumature; sinuose o taglienti, le loro forme modulano all’infinito”.
DESERTI•TASCABILI
è un gruppo di ricerca indipendente costituito da:
.: Marco Scarpinato (coordinatore)
Architetto, Ph.D., Chercher associé ER ArMC\ED.SIA – ENAU de Tunis\Université de Carthage. Masterclass nel 1998 Water as a phenomenal lens Coordinatore Steven Holl al Berlage Institute Amsterdam; InDeSem alla T.U. Delft; dal 2004 al 2012 ha lavorato con Herman Hertzberger (Roma, Padova, Le Mans e Madrid).
.: Fanny Bouquerel
Ph.D. Professeur associée à l’Institut d’Études Européennes Université Paris 8; membre du Cresppa-LabTop; expert en Politiques culturelles en Europe et en Méditerranée –
expert du programme européen MED Culture.
.: Lucia Pierro
Architetto; Master in Recupero Ambientale a RomaTre; Ph.D. al PoliMi; si è specializzata in progettazione architettonica con Grafton Architects a Dublino e nel 2009 con Henning Larsen Architects a Copenaghen; è fondatrice e associata di AutonomeForme.Architettura.
con la collaborazione di
.: AutForm\Intedisciplinary.Creative.Group