Fès, detta anche Fes o Fez (in berbero: Fas; in arabo: فاس) è una città santa del Marocco posta a 350 m s.l.m., nel fondo di una fertile vallata, capoluogo della regione di Fas-Meknas. La città vecchia è, per i suoi monumenti, i suoi mercati e le sue moschee, considerata uno dei centri più attraenti di tutto il mondo islamico.
Fès è le maggiori città del Marocco ed è la più antica delle quattro Città imperiali. Deve questo prestigio alla sua prevalenza politica secolare e all’importanza della sua antica università, sulla cultura e sull’arte del Nordafrica musulmano.
La fondazione di Fès è iniziata nel 789 ed è attribuita a un discendente del profeta, di nome Idrīs ibn Idrīs (poi Idrīs I), morto nel 791, che in tarda età vi fissò la sua capitale. La città sorgeva sulla riva destra del fiume Fās (Wadi Fās) e da questa avrebbe desunto il suo nome. Il figlio Idrīs II completò invece la costruzione di un diverso insediamento, sulla riva sinistra dello stesso wadi, dandogli il nome di al-ʿĀliya (La Suprema) e fissò qui la capitale della sua dinastia nell’809.
Nell’812 degli andalusi cacciati dagli Omayyadi del Califfato di Cordova s’insediarono nella Fès di Idrīs I e i due gruppi svilupparono le due comunità sulle rive opposte del wadi, costruendo proprie moschee, mercati e fortificazioni. In seguito la dinastia degli Almoravidi unì i due insediamenti, le singole fortificazioni vennero abbattute e fu costruita una nuova cinta muraria. Anche se la capitale degli Almoravidi fu Marrakesh, Fès rimase una città di primaria importanza sotto la dinastia, tant’è che Yūsuf ibn Tāshfīn è considerato il secondo fondatore della città.
Anche i successori degli Almoravidi, gli Almohadi, mantennero la capitale a Marrakesh, ma ampliarono notevolmente Fès, e sotto il loro dominio la città divenne per un breve periodo (tra il 1170 e il 1180) la più grande del mondo, raggiungendo i 200.000 abitanti.[3] Nel 1250, con la presa definitiva dei Merinidi, Fès divenne nuovamente capitale, e nel 1276 il sultano Abū Yūsuf Yaʿqūb avviò le costruzioni di un nuovo insediamento chiamato inizialmente “Madīnat al-Bayḍāʾ” (la città bianca), presto cambiato in Fes el-Jadid (Fès la Nuova) per distinguerla dalla preesistente Fes el-Bali (Fès la vecchia).
Agli inizi del XV secolo Fās al-Jadīd fu dotata di una mellāḥ (ghetto) in cui furono trasferiti gli ebrei della città. Gli ebrei convissero con i musulmani senza molte difficoltà, pur con qualche restrizione che sopravvisse fino all’avvento del protettorato: non potevano cavalcare cavalli o muli, né portare calzature all’esterno della mellāḥ. Poterono costruire le loro sinagoghe e i loro cimiteri, e solo negli ultimi anni emigrarono in massa (principalmente verso Casablanca, la Francia ed Israele), abbandonando case e beni, che i musulmani adibirono a loro abitazioni o a depositi e mostre di tappeti. Nella città rimangono circa 300 ebrei.
Architettura della medina di Fès.
Fès visse un diffuso periodo di prosperità durante il regno del sultano merinide Abu al-Rabi Sulayman all’inizio del XIV secolo e sotto il suo successore Abu Sa’id Uthman II (che regnò dal 1310 al 1331), che fecero di Fès un centro industriale e commerciale. L’Università al-Qarawiyyīn crebbe in fama attirando i migliori docenti dell’Islam. Il tramonto della dinastia merinide segnò l’inizio del lento regresso di Fès.
Nel 1471 la città cadde nelle mani della dinastia dei Banu Wattas (o Wattasidi). Nel 1492 iniziò l’immigrazione in tutto il Marocco e soprattutto nella città di Fès degli ebrei sefarditi espulsi dalla Spagna, in seguito arrivarono anche molti ebrei in fuga dal Portogallo, l’immigrazione continuò fino al XVI secolo. Nel XVII secolo iniziò invece l’immigrazione dei moriscos musulmani espulsi da Filippo III di Spagna.
Distrutta in parte da un terremoto nel 1522, Fès passò sotto i Sadiani e perse d’importanza a favore di Marrakech, divenuta la capitale, come pure di Meknès anch’essa successivamente capitale sotto il sultano alawide Mulay Isma’il. Ridivenne capitale nel XVIII secolo e rifiorì nuovamente. Nel 1912 col protettorato francese Fès perse nuovamente d’importanza anche se si ebbe un certo sviluppo di nuovi quartieri di aspetto occidentale. Il governatore francese Louis Lyautey la dichiarò infatti città monumentale ma trasferì le funzioni politiche e amministrative a Rabat, ancora oggi capitale del regno indipendente dal 1956; Fès ha, quindi, nel contesto marocchino, un ruolo principalmente di città d’arte e dell’artigianato, conservando quello di capitale religiosa. Nel gennaio 1944, è stato scritto il Manifesto per l’indipendenza in una casa della vecchia medina di Fès, situata oggi a Place de l’Istiqlal.
Dopo l’indipendenza Fès ha dovuto affrontare povertà e degrado ed ha registrato ampi movimenti migratori dalle zone rurali d’individui sottoccupati che vivono in condizioni misere, occupando le case lasciate libere dagli emigrati, in promiscuità e stipati nei locali. Nel corso del XX secolo borghesi e intellettuali l’hanno abbandonata, preferendo le più moderne città come Casablanca e Rabat.
Fès è famosa per la sua medina, nome con cui gli europei indicano la parte vecchia delle città arabe, si tratta essenzialmente di Fes el-Bali in cui si manifesta tutta la complessità di una città musulmana antica con le sue tortuose e strette strade, percorribili solo a piedi in cui i trasporti avvengono con gli asini carichi fino all’inverosimile che ingombrano i vicoli più stretti, fino a costringere i passanti a schiacciarsi contro le pareti. L’intrecciarsi delle strade è tale per cui i turisti sono consigliati di munirsi di guide ufficiali per non correre il rischio di perdersi. Ogni tanto si aprono slarghi o piccole piazze con mercati di ogni tipo. I negozi espongono nelle vetrine le merci anche più imprevedibili, anche dentiere, ma accanto ai prodotti occidentali ci sono prodotti dell’artigianato del legno, del metallo, del cuoio, ed anche botteghe artigiane dei più svariati mestieri.
Fra i monumenti notevoli la Medersa Madrasa Bou Inania, con alloggio per gli studenti, fronteggiata da un orologio ad acqua e da un arco che scavalca la strada. Eretta nel 1350-57 dal sultano Abū ʿInān secondo i canoni architettonici di questo tipo di costruzioni, ha sulla sinistra del portale maggiore (in legno di cedro placcato in bronzo lavorato) una più modesta porta detta “degli scalzi”, riservata ai visitatori che si dovevano pulire i piedi grazie ad una canaletta d’acqua che scorreva vicino, per non sporcare il luogo.Tutti gli edifici del complesso si affacciano su un cortile il cui pavimento è ornato da marmo, onice, gesso e legno scolpito. Le porte degli edifici sono finemente decorate, i gradini per salire al piano superiore, sede degli alloggi, sono bordati in onice. Al seminterrato si trovano le aule, lungo un lato del cortile si apre la sala di preghiera, il cui ingresso è vietato ai non musulmani, e dall’esterno si può solo sbirciare il miḥrāb (nicchia che indica la direzione della Kaʿba, verso cui si deve rivolgere la preghiera) finemente decorato, le antiche vetrate e i capitelli.
Tradizionalmente è presente a Fès l’artigianato delle ceramiche blu, dei piatti di rame, dei lavori in cuoio con la concia delle pelli, del legno proveniente dalla vicina Foresta di Cedri.
Le lavorazioni artigianali sono fatte con metodi tradizionali molto antichi; la visita guidata agli opifici si snoda in ambienti strettissimi, dove gli artigiani tessono con vecchi telai o fabbricano a mano uno per volta i mattoni poi essiccati al sole, oppure costruiscono piani per tavoli o decorano con mosaici a disegni geometrici.
Le concerie delle pelli sono le fabbriche più antiche: secondo la tradizione sarebbero state costruite addirittura dal fondatore della città. Il turista viene munito prima della visita di un rametto di menta da tenere sotto il naso per attenuare gli odori, e dall’alto del terrazzo di uno dei laboratori può osservare le vasche tonde o quadrate scavate nel suolo per la concia delle pelli o per la tintura, che risaltano per i colori diversi: all’interno delle une o delle altre sono immersi gli operai che provvedono alle operazioni. Generalmente tutti i laboratori artigiani dei vari tipi sono gestiti da cooperative anch’esse di antica formazione.