I geografi affermano che vi sono due tipi di isole. Le isole continentali sono delle isole derivate: sono separate da un continente, nate da una disarticolazione, da una erosione, da una frattura, sopravvivono all’inabissarsi di tutto quello che le tratteneva. Le isole oceaniche sono invece isole originarie, essenziali. Alcune emergono lentamente, altre allo stesso modo spariscono e ritornano, e non si ha il tempo di annetterle. Questi due tipi di isole testimoniano una profonda opposizione fra l’oceano e la terra. Le une ci ricordano che il mare è sulla terra, approfittando dello stesso sprofondare delle strutture più alte; le altre, testimoniano che la terra è ancora là, sotto il mare, e riunisce le proprie forze per far esplodere la superficie. Riconosciamo che gli elementi in generale si detestano, che hanno orrore gli uni degli altri.
L’isola e a maggior ragione l’isola deserta sono nozioni estremamente povere e deboli da un punto di vista geografico; esse possiedono un debole statuto scientifico. Ma questo va a loro onore. Non c’è alcuna unità oggettiva nell’insieme delle isole. Ancora meno nelle isole deserte. Magari l’isola deserta può avere un suolo estremamente povero. Deserta, essa può essere un deserto, ma questo non è affatto necessario. Se il vero deserto è inabitato, esso lo è in quanto non presenta le condizioni di diritto che renderebbero la vita possibile, vita vegetale, animale o umana. Al contrario, che l’isola deserta resti spopolata, resta un puro fatto che si collega alle circostanze, vale a dire a ciò che la circonda. L’isola è ciò che il mare circonda, ciò che è deserto è l’oceano tutto intorno. Ed è in virtù delle circostanze che le navi passano da lontano e non si fermano mai.
(Gilles Deleuze, L’isola deserta e altri scritti. Testi e interviste 1953-1974, Torino 2007)